Contratto e interesse pubblico: premesse politiche e ricadute giusprivatistiche della legge bancaria del 1936
1. Il mercato finanziario nell’Italia postunitaria – 2. La matrice politica del riassetto istituzionale degli anni Trenta – 3. “Raccolta” e “Impieghi” nel disegno del legislatore fascista - 4. La «funzione di interesse pubblico» dell’attività bancaria ex art. 1 della legge bancaria del 1936 – 5. Interesse pubblico ed interesse privato nei contratti bancari degli anni Trenta: le evidenze documentali in tema di interesse privato dell’impresa, concorrenza, contenuto del contratto. – 6. Il contratto bancario come modello di «contratto corporativo». – 7. I requisiti del contratto nel modello corporativo.
La legge bancaria del 1936 ha impresso una svolta decisiva al mercato dei capitali italiano, in pratica inesistente al momento dell’Unità e successivamente soggetto a continue crisi sistemiche che danneggiavano i risparmiatori e lo Stato a tutto vantaggio del grande capitale. La legge del 1936 deve essere coordinata con i provvedimenti relativi alla costituzione dell’IRI e dell’IMI, che la precedettero di pochi anni. Dalla documentazione emersa negli ultimi trenta anni dagli archivi dell’IRI, della Banca d’Italia e dell’ABI, si ha conferma che, contrariamente a quanto spesso affermato nel secondo dopoguerra, l’imponente statizzazione del sistema economico italiano realizzato con quei provvedimenti, rispose ad un preciso e consapevole disegno politico ed ideologico del Regime Fascista.
Inoltre, la documentazione pubblicata negli ultimi decenni dimostra che il Regime esercitò concretamente i poteri previsti dalla legge del 1936 per governare il settore bancario secondo i criteri propri del corporativismo. In questa direzione è, pertanto, possibile intravedere nei contratti bancari, così come modellati dalla legge, lo schema del contratto di diritto corporativo, con la conseguente ridefinizione della nozione di autonomia privata riveniente dalla tradizione liberal-borghese del secolo XIX.
The banking law of 1936 gave a decisive turning point to the Italian capital market, that practically did not exist at the time of Unification of Italy and – after the Unification – was subject to continuous systemic crises, with several and heavy damages to savers and to the State for the benefit of big capital. The 1936 law must be coordinated with the laws relating to the foundation of IRI and IMI, which preceded it by a few years. From the documentation that has emerged in the last thirty years from the archives of IRI, the Bank of Italy and the ABI, it is confirmed that, contrary to what was often stated after the Second World War, the impressive nationalization of the Italian economic system achieved with those provisions, responded to a precise and conscious political and ideological design of the Fascist Regime.
Furthermore, the documentation published in recent decades demonstrates that the Regime concretely exercised the powers provided for by the 1936 law to govern the banking sector according to the criteria of corporativism. In this direction, therefore, it is possible to glimpse in banking contracts, as shaped by the law, the scheme of the corporativ law contract, with the consequent redefinition of the notion of private autonomy deriving from the liberal-bourgeois tradition of the nineteenth century.