Diritto al silenzio e autorità di vigilanza dei mercati finanziari
1. ‘Nemo tenetur se detegere’: brevi premesse di inquadramento storico e concettuale. – 2. L’estensione del diritto al silenzio ai procedimenti amministrativi sanzionatori di natura ‘punitiva’. – 2.1. (Segue): Il caso D.B. contro Consob: fattispecie concreta e giudizio incidentale di costituzionalità. – 2.2. (Segue): Il dialogo tra le corti: l’ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. – 2.3. (Segue): La Corte di Giustizia e l’interpretazione del ‘diritto derivato’ (Direttiva M.A.D. e regolamento M.A.R.) in conformità al diritto europeo primario (artt. 47 e 48 C.D.F.U.E.). – 2.4. (Segue): La Corte costituzionale impone il rispetto del diritto al silenzio alle autorità di vigilanza dei mercati finanziari (Consob e Banca d’Italia), ma entro certi limiti. – 3. Dal riconoscimento del diritto al silenzio alla sua ‘effettività’: la necessaria implementazione di obblighi di natura informativa da parte delle autorità amministrative di vigilanza. – 4. Una possibile ‘vis expansiva’ del diritto al silenzio? La questione della sua estensione alle persone giuridiche. – 4.1. (Segue): La giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di diritto al silenzio e illeciti concorrenziali. – 4.2. (Segue): La giurisprudenza della Corte di Strasburgo in tema di diritto al silenzio: l’estensione della garanzia a tutte le dichiarazioni dell’accusato e alle produzioni documentali. – 4.3. (Segue): Diritto al silenzio e persone giuridiche.– 5. Conclusioni.
Il presente contributo è dedicato allo studio della rilevanza del diritto al silenzio rispetto ai poteri sanzionatori ‘punitivi’ attribuiti alle autorità di vigilanza dei mercati finanziari. Dopo aver illustrato le origini storiche e la rilevanza concettuale del principio del ‘nemo tenetur se detegere’, gli Autori si concentrano sulle più recenti pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea e della Corte costituzionale italiana che hanno sancito la (necessaria) vigenza del suddetto presidio garantistico nell’ambito dei procedimenti sanzionatori sostanzialmente ‘penali’ (ai sensi CEDU) che coinvolgono persone fisiche. In particolare, gli Autori evidenziano un’incoerenza di fondo tra i suddetti recenti approdi giurisprudenziali europei e nazionali e, viceversa, i perduranti obblighi di ‘collaborazione attiva’ ancora oggi imposti alle imprese destinatarie di contestazioni amministrative per illeciti concorrenziali.
Dopo aver richiamato la giurisprudenza della Corte Edu in tema di diritto al silenzio e le garanzie sancite dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, si indicano le basi per un auspicabile ‘riavvicinamento’ nella disciplina europea e nazionale dei procedimenti sanzionatori delle Autorità di vigilanza dei mercati finanziari e di quelli a tutela della concorrenza.
The paper analyses the privilege against self-incrimination with respect to the ‘punitive’ sanctioning powers exercised by financial markets’ supervisory authorities. After illustrating the historical origins and the conceptual relevance of the said privilege, the authors focus on the most recent rulings of the European Court of Justice and of the Italian Constitutional Court which have acknowledged the application of the said privilege in the context of substantially ‘criminal’ sanctioning proceedings (pursuant to Art. 6 of the ECHR) involving individuals. In particular, the authors highlight a fundamental inconsistency between the said recent European and national jurisprudential approaches and, on the contrary, the obligation of ‘active collaboration’ still imposed on undertakings subject to an investigation relating to competition law.
After recalling the jurisprudence of the ECHR on the privilege against self-incrimination as well as the guarantees enshrined in the Charter of Fundamental Rights of the European Union, the grounds for a desirable ‘rapprochement’ of the European and national discipline of sanctioning proceedings in the financial markets and in competition law are discussed.